Etiopia, la culla dell'umanità tra storia e natura |
Scritto da Pierluigi Pellizzer |
Sab 22 Gennaio 2011 |
Per molti l'Etiopia riporta alla mente la nostra lontanissima antenata 'Lucy', il poco glorioso passato coloniale italiano, i leggendari regni della Regina di Saba e del prete Gianni, il recente conflitto con l'Eritrea e la Somalia. Ma Etiopia significa anche un affascinante territorio di montagna; l'inizio della Rift Valley. Oggi l'Etiopia è uno dei paesi più stabili dell'Africa sub-sahariana, dove vige un governo democraticamente eletto e i conflitti inter-etnici e inter-religiosi sono pressoché inesistenti. Non molti sanno che questo paese ha un patrimonio culturale e naturalistico di prim'ordine e può essere facilmente meta di un'attività escursionistica di grande interesse. Gran parte dell'Etiopia settentrionale e centrale infatti si erge su un vasto altopiano tra i 2500 e i 3500 metri slm, con picchi sopra i 4000 m, ma che per la sua latitudine, gode di una temperatura diurna costante attorno ai 20 gradi ed è caratterizzata da una stagione piovosa (marzo-settembre) e una secca (ottobre-febbraio). I parchi naturali sono numerosi, le attività ricettive sono diffuse; grazie a tour operator e associazioni locali è possibile organizzare con facilità tutta la logistica necessaria per un trekking di più giorni. Non ci si deve però scordare che, dopotutto, siamo in Africa e non è possibile pretendere il comfort e i servizi di un chalet alpino, ma un po' di spirito di adattamento basta per affrontare l'avventura. Vedremo di seguito due tipi di escursionismo possibili nel Etiopia,il primo tra i monti del parco del Simien, il secondo tra i villaggi nei dintorni di Lalibela, entrambi nel nord del paese.
Sopra i 4000, sul ciglio dell'altopiano e tra i babbuini gelada Il parco nazionale dei Monti Simien, situato a più di 400 km a Nord di Addis Abeba, copre un'area costituita da un ampio tavolato roccioso di altitudine variabile tra i 2500 e 3500 m, con catene montuose oltre i 4000 (tra cui il Ras Dashen, 4534 m, vetta più alta del paese) e tagliata da profondi canyon. Dagli speroni rocciosi si possono così godere di scenari mozzafiato che si perdono nelle pianure sottostanti, circondati da una ricchezza faunistica per la quale il Parco è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco. Nel corso del trekking infatti possiamo facilmente imbatterci in branchi di babbuini gelada (erbivori), che per restare al riparo dai loro predatori trovano rifugio per la notte nei pendii verticali dell'altopiano, in esemplari di stambecco del Simien e, se siamo fortunati, nel lupo etiopico, nonché in una miriade di specie di uccelli endemiche. Molto interessante anche l'aspetto antropico del trekking: si attraversano villaggi, coltivazioni e si incontrano continuamente viadanti con i loro muli o giovani pastorelli con le loro greggi che non appena avvistano uno straniero, allestiscono un mercatino con poveri pezzi di artigianato domestico. Nel corso egli ultimi anni, grazie anche al sostegno di istituzioni ed associazioni europee, l'accoglienza turistica nell'area ha fatto notevoli progressi: è stato istituito un ente parco, sono state formate guide locali e costruite tutta una seri di campi e alloggi per accogliere i sempre più numerosi escursionisti esteri. Rivolgendosi ad uno dei numerosi operatori locali presenti sul web o arrivando direttamente a Debark, porta del Parco, è possibile organizzare tutta la logistica necessaria per un trekking di vari giorni (da 2 a 11, ma almeno 5 giorni sono necessari per visitare le aree più interessanti del Parco). Oltre alla guida, essenziale vista la fitta rete di sentieri non segnati, sono necessari portatori, muli, scout (un buffo personaggio munito di carabina anni '30, che ha una funzione più decorativa che altro, vista l'assenza di qualsiasi pericolo) e il cuoco in grado di preparare dei semplici ma nutrienti pasti, tra i migliori trovati di tutta l'Etiopia (almeno per noi europei!). L'escursione copre dai 10 ai 20 km giornalieri, con dislivelli anche di 600-800 m, su terreno talvolta roccioso: un paio di pedule robuste e un buon allenamento fisico sono quindi necessari. L'escursione termica giornaliera è piuttosto elevata: si va dai 20-25 gradi agli zero della notte: visto che si alloggia in tenda (provvista dagli organizzatori), un buon sacco a pelo e indumenti pesanti non dovranno mancare. Data l'altitudine che si può raggiungere, non sono da sottovalutare i possibili sintomi del mal di montagna, generalmente superabili con un adeguato acclimatamento.
> Visualizza il nostro trekking nel Parco nazionale del Simien in Google Map (rilevazione GPS)
Tra villaggi, greggi e coltivazioni il vero volto dell'Etiopia Una diversa esperienza di trekking può essere svolta nell'area attorno a Lalibela, 300 km a nord di Addis Abeba, città sacra per il cristianesimo ortodosso etiope, famosa per le sue chiese scavate nella roccia. L'associazione TESFA (“Turismo in Etiopia per future alternative sostenibili”) con aiuti privati e pubblici del governo olandese, ha dato vita ad un interessante modello di turismo sostenibile che coinvolge direttamente la popolazione locale (il 60% del ricavato dell'attività turistica va direttamente alle comunità locali). L'associazione ha istruito guide locali, costruito alloggi e punti ristoro (semplici e accoglienti capanne) affidati alle comunità e gestite a turno da gente del posto che così può godere di un introito aggiuntivo oltre a quello derivante dalle tradizionali forme di allevamento e agricoltura. Appoggiandosi a queste strutture, un escursione può durare dai 3 ai 9 giorni (ma a nostro avviso 4-5 giorni sono sufficienti), con una distanza media di 15-20 km di cammino giornaliero, dislivelli minimi, nessuna difficoltà tecnica se non il terreno roccioso che richiede una buona calzatura e passo attento. Lo scenario dell'escursione è a dir poco incantevole: rimaniamo sempre tra i 2500 e i 2800 m, sul ciglio dell'altopiano che sovrasta verticalmente la valle sottostante Lalibela, con un dislivello anche di 700-800 m. Attraversiamo tipici villaggi di capanne di fango, campi coltivati a orzo e grano, poveri orti con legumi, patate e altri ortaggi, chiese a forma circolare immerse nel verde com'è uso nel paese. Incontriamo pastorelli con le loro greggi di pecore e buoi, muli per il trasporto di merci, contadini con i loro semplici strumenti di lavoro e soprattutto un'infinità di bambini scalzi ansiosi di mostrarci il loro libro di scuola (spesso in inglese), di darci la mano e condividere con noi la loro conoscenza della lingua inglese. Insomma, visto che l'84% della popolazione etiope vive nelle aree rurali, si tratta della vera faccia di questo paese del Corno d'Africa.
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